Dal libro
Si chiamavano Naibi le prime carte da gioco giunte in Italia con i loro quattro semi sul finire del XIV secolo: provenivano dall’Oriente, sulle stesse rotte commerciali aperte dai crociati che avevano già favorito l’introduzione della tecnologia della carta. La richiesta di carta da parte dell’Università fece sì che Bologna fosse uno dei primi centri industriali della carta in Europa.
Subito dopo l’invenzione del quinto seme dei ventidue Trionfi, nei primi decenni del XV secolo, a Ferrara, Milano e Bologna la domanda di mazzi di carte cominciò a crescere enormemente, mentre il gioco si diffondeva con successo in altre città d’Italia e poi in Europa, dando impulso alla produzione industriale grafica.
I primi fabbricanti di mazzi riprodussero in serie le figure del gioco, dapprima con mascherine contornate e colorate manualmente, poi incise su legno e stampate su fogli che venivano colorati grossolanamente e rifiniti a mano, prima di essere ritagliati in carte. La produzione xilografica in serie cominciò già nella prima metà del XV secolo, così come quella calcografica con incisioni su rame, e proseguì fiorente fino alla fine dell’Ottocento.
Ogni città aveva le sue botteghe di Tarocchi, spesso distinte da un’insegna araldica usata come marchio di fabbrica. A Bologna si ricordano molte antiche stamperie: All’Aquila, Al Soldato, Al Leone, Alla Colomba… oltre alla seicentesca Alla Torre, che produsse il mazzo qui descritto.
Altre opere di Giovanni Pelosini:
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